Christian Gatti
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Io, Christian Gatti.

L’estate, i Pink Floyd, la grappa e Keith Jarret. Alberi rossi, la zia d’America, Ottavio Missoni, Belladonna e il Jazz.

Bob Marley, Cervia, il Ping Pong e Nostro Signore. La Francia, il Matrimonio, figli e nipoti.

Mierzwiak, il Dandy, gli amici e le storie. Ermanno Olmi e il caffè.

Sono nato in un giorno d’estate del 73, a Gallarate.

Nello stesso anno i Pink Floyd pubblicavano “The Dark Side of the Moon” e Benito e Giannola Nonino inventavano la Grappa di singolo vitigno. Solo due anni più tardi Keith Jarrett registrava il concerto di Colonia, nello stesso anno in cui le radio libere iniziavano a trasmettere.

In prima elementare disegnavo gli alberi rossi, fatto che inquietava non poco il mio insegnante ma non preoccupava per nulla i miei genitori. Il primo giorno della terza elementare mi accompagnò a scuola la mia zia d’America, direttamente da Rockford, Illinois.

Ho frequentato le scuole medie all’istituto scolastico Bonomelli di Gallarate e le scuole superiori al Liceo Scientifico di Gallarate, diplomandomi nel 1992. Ho prestato servizio civile al Comune di Marnate imparando quanto è importante che i nostri vecchi possano migliorare la propria vita con un piccolo aiuto. Ho sostenuto 7 esami di Psicologia, all’università di Padova, ma in quel periodo l’indipendenza economica era un desiderio più forte rispetto all’ambizione di ottenere un titolo di studio. Interruppi gli studi nel 1996 e iniziai a racimolare qualche soldo con i lavori più disparati.

Ho vissuto per circa trent’anni a Bolladello, dove mio padre era nato, poi mi sono definitivamente stabilito a Besnate. I genitori di mio padre erano agricoltori e mio nonno era anche stagnatore e lattoniere. Il padre di mia madre era pilota militare, ma morì molto giovane e la famiglia di mia madre, originaria di Ferno (dove oggi c’è la pista di rullaggio della Malpensa), faticò molto a sbarcare il lunario.

Mi padre era elettrauto, mia madre casalinga. In realtà mia madre lavorò per Ottavio e Rosita Missoni, quando la “Missoni” era costituita da 4 persone. Poi, come accadeva spesso all’epoca, lasciò il lavoro per occuparsi della famiglia.

I miei due fratelli, più grandi di me di una mezza dozzina di anni (esatto, non ero previsto) sono i principali responsabili della mia passione per la musica. Senza di loro non avrei potuto consumare “Belladonna” (l’album, non la pianta) di Stevie Nicks. Devo a loro anche il mio battesimo al Jazz (di cui sono amante ma non integralista) grazie a “Time Out” di Dave Brubeck.

A mio padre devo la conoscenza di Bob Marley e dei Pink Floyd, ascoltati a ripetizione nell’autoradio della nostra Lancia Beta 2000. Bob Marley sarebbe poi ritornato a far parte della mia vita in un periodo in cui, all’incirca da trentenne, suonavo le tastiere in un gruppo di cover reggae. Purtroppo (o per fortuna) il fatto che non fossi dedito agli spinelli fu un deterrente alla mia piena integrazione con il resto del gruppo.

Da ragazzo passavo le estati a Cervia, in Romagna, quasi sempre con la racchetta da Ping Pong in mano. Negli anni successivi ho viaggiato in Repubblica Dominicana, Cuba, Messico, Grecia, Spagna, Francia, Croazia e molto, ma non abbastanza, in Italia. Il mio cuore è Romagnolo, ma vado volentierissimo in Liguria e adoro la Sardegna.

Capisco bene l’inglese, ma sono troppo poco spavaldo per parlarlo fluentemente; mi piace il moltissimo il francese (e la Francia), ma fatico a comprenderlo.

Mi sono sposato all’età in cui Nostro Signore è finito in croce. Fortunatamente io sono sopravvissuto, a differenza del mio matrimonio che è morto e non risorto. Non ho figli, ma tre splendidi nipoti e due gatti: Mierzwiak (che in questo momento è sulle mie gambe) e il Dandy (che, come suggerisce il nome, è da qualche parte a fare scorribande).

Non c’è un momento che ami di più di una cena, di un aperitivo o anche solo di un caffè con un amico: mi piace moltissimo ascoltare e raccontare storie, a patto che siano oggettivamente interessanti o per lo meno raccontate in modo da diventare interessanti. A tal proposito, aggiungo una citazione a quelle che ho riportato nell’introduzione: “Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico” frase tratta dal film “Centochiodi” di Ermanno Olmi.

Ho moltissimi amici, quindi bevo moltissimi caffè.