Christian Gatti
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vinicio capossela

Amavo talmente tanto Vinicio Capossela da volerlo tributare con la registrazione del dominio viniciocapossela.it. Era il 2000, fui il primo a registrarlo.

Correva l’anno 1990.

Un pomeriggio squillò il telefono di casa, risposi io, ed era il mio compagno di liceo (e di scorribande) Maurizio che mi invitava a sintonizzare subito la TV su Videomusic (MTV sarebbe arrivata qualche anno più tardi). “C’è quel tizio che canta quella canzone in cui nomina tutte le cose che ci beviamo noi” disse così o qualcosa di questo tipo.

In quel periodo bevevo Chimay Tappo Blu, una birra forte e intensa, con una densità media parificabile al petrolio e con una quantità di sedimento che ci si potevano stuccare i fori nei muri. Una volta al Crystal Club, volendo fare il sofisticato, mi concedetti addirittura un White Lady (e mi piacque).

Avevo 17 anni, una vecchia Aprilia 50 (di ennesima mano) e ascoltavo moltissima musica. Grazie al fatto di avere due fratelli più grandi (e grazie anche a Dio) non mi limitavo al pop. Erano gli anni del lettore CD, che comprammo alla Metro insieme all’album di Tanita Tikaram “Good Tradition”.

Altre cose che suonavano in casa in quel periodo erano:

  • “Graceland” di Paul Simon (lo ascolto ancora oggi e lo reputo uno degli album più belli della storia)
  • “Time Out” di Dave Brubeck (lo ascolto ancora oggi e lo reputo uno degli album più belli della storia)
  • “Shooting Rubberbands at the Stars” di Edie Brickell & New Bohemians (lo ascolto ancora oggi e lo reputo uno degli album più belli della storia)
  • “Bella Donna” di Stevie Nicks (lo ascolto ancora oggi e lo reputo uno degli album più belli della storia)
  • “Picture Book” dei Simply Red (bello)

Insieme agli amici divoravo i Dire Straits, ma ricordo con entusiasmo anche “Appetite for Destruction” dei Guns N’ Roses, come “Back in Black” degli AC/DC. Condividevo con il mio amico Luigi la passione per Paolo Conte e per il jazz (io Bill Evans, lui Ben Webster); giusto un paio di anni più tardi, iniziò l’era dei sabati sera al Capolinea di Milano, dove una sera incontrammo Gerry Mulligan (lì come spettatore).

Ma torniamo in tema.

“All’una e trentacinque circa” fu una vera e propria rivelazione: era la novità che mi entusiasmava, era jazz ed era blues, ma con un’inclinazione naturalmente popolare. Era cantata da un artista che dimostrava di conoscere ciò di cui parlava. Beh, insomma, per farla breve salii in groppa alla fedele Aprilia e mi diressi al Master (l’antesignano del Media World).

Ricordo che, rientrato a casa, trovai degli ospiti di mia madre e, come si conviene, feci il bravo bambino: salutai calorosamente e finsi interesse (molto bene, peraltro) nell’ascoltare i loro discorsi. Ma alla prima occasione mi dileguai per raggiungere la taverna, dove ad attendermi c’era un Blaupunkt di tutto rispetto e il CD di Vinicio Capossela.

Di lì a qualche settimana conoscevo a memoria tutto l’album. Mi innamorai di ogni singolo brano, e uguale destino ebbero i due album successivi: “Modì” e “Camera a Sud”. Quest’ultimo l’ho letteralmente consumato nel lettore CD del mio Maggiolino del 1968 color Zenitblau. Vidi Vinicio dal vivo in decine e decine di concerti, alcuni di essi davvero memorabili, come quello al Teatro Pax di Cinisello Balsamo (credo che nemmeno Vinicio se lo ricordi più) oppure il reading con Vincenzo Costantino (Cinaski) alla biblioteca di San Giuliano Milanese, dove c’è la vera Milano da bere. In quell’occasione arrivai addirittura prima di Vinicio e lo vidi parcheggiare, insieme al Cinaski, la sua Volvo bianca da amante delle revisioni.

Arrivo al dunque: amavo talmente tanto quell’insolito artista da volerlo tributare con la registrazione del dominio internet viniciocapossela.it. Sì, fui io il primo in assoluto a registrarlo. Era su per giù il 2000, internet non aveva nulla che fare con quello odierno e la registrazione di un dominio andava fatta inviando con il fax dei moduli compilati e firmati a penna, scaricati dal web con un modem 28.8k.

Per alcuni mesi (forse alcuni anni) tenni in vita l’embrione di un sito web dedicato a Vinicio Capossela, ma sapevo che prima o poi avrei dovuto cederlo al legittimo proprietario. Infatti mi fu chiesto di farlo e lo feci. Ovviamente non chiesi nulla, anzi accettai con ritrosa deferenza la promessa di essere invitato a qualche concerto, di avere dei mirabolanti gadget e ringraziai per mille altre promesse, mai richieste e mai mantenute.

Caro Vinicio, oggi, non a caso 25 Aprile, è la data giusta per ricordare quel momento della mia vita, ma anche e soprattutto della tua. Siamo cresciuti e siamo cambiati, forse in meglio. Non so tu, ma io quel periodo lo ricordo con grande emozione, ma anche con un briciolo di rimpianto (anche per quei fottutissimi biglietti e gadget che qualcuno dei tuoi mi promise e mai mi donò).